Mastino Siciliano intervista a Gianni Vullo
Continua la nostra panoramica sulle razze canine italiane che hanno rischiato l’estinzione.
Dopo il focus sul Pastore della Sila che ci è stato presentato da Isabella Biafora, presidente del C.I.P.S, ora tocca al Mastino Siciliano; a parlarci di questo interessante cane di grossa taglia è Gianni Vullo, giudice ENCI di esposizione e di prove, autore della monografia “Il Pastore Maremmano Abruzzese”, Presidente del Club del Pastore Siciliano, che ringraziamo per la disponibilità.
Quali sono le caratteristiche morfologiche del Mastino Siciliano?
La caratteristica principale che deve colpire chiunque guardi, anche per la prima volta, un Mastino Siciliano è la rusticità.
In altre parole, il cane deve dare la chiara idea di un cane che lavora o che sia ingrado di operare nell’ambiente duro e arido della Sicilia.
Si presenta come un pesante mesomorfo, con ossatura fortissima, testa massiccia e tronco inscritto nel rettangolo. La sua robustezza e la sua possanza, però, non devonomai essere disgiunti da quell’agilità di movimento che è richiesta a un qualsiasi cane come il nostro che lavora veramente, quindi vanno banditi cani troppo tarchiati, bassi sugli arti, alla stregua di quelli esili e troppo leggeri.
La testa si caratterizza per un cranio largo, con profilo che tende al rettilineo, per un muso molto pieno, meno lungo del cranio, labbra ben stirate e mai pendule.
Il mantello è ondulato, da poco a molto, di consistenza semivitrea, con abbondante sottopelo lanoso quasi sempre di colore grigiastro. I colori oggi ammessi nella bozza di standard sono tantissimi, tranne il bianco unicolore; ciò per non depauperare ulteriormente il già esiguo patrimonio genetico della razza, ma il colore antico che scaturisce da tutte le testimonianze foto-iconografiche, nonché letterarie, è il nero che può anche presentare macchie bianche sulla testa, nel sottogola anche fino a formare collare, sul ventree sulle zampe, come pure sulla punta della coda.
Infatti, non si deve dimenticare che il Mastino Siciliano oggi c’è perché è servito all’uomo nel corso di molti secoli e va salvaguardato, come qualsiasi altra razza animale antica, perché rappresenta un co-protagonista del percorso dell’uomo stesso nella storia. Se la razza, quando era in auge perché utile ed utilizzata, aveva determinate caratteristiche, queste devono essere mantenute anche oggi.
Ci parli delle origini di questa antica razza italiana.
Quando si parla di Mastino Siciliano (o più propriamente detto dai pastori locali cane dei pecorai) si racconta di un animale antico, legato indissolubilmente all’attivitàsoprattutto pastorizia, ma anche contadina, che si è svoltaper millenni nell’isola. Questo cane, infatti, non va contestualizzato nella realtà odierna, ormai troppo lontana dai vecchi canoni vitali, ma deve essere immaginato nel più desolato e selvaggio ambiente della Sicilia latifondista pre-riforma agraria.
Custode delle mandrie ovi-caprine della Sicilia montuosa e collinare, il Mastino Siciliano è un guardiano incorruttibile e dai modi anche decisi. Quando c’è da proteggere il gregge o la “mannara”, termine regionale per indicare l’ovile, difficilmente scende a compromessi con gli intrusi.
Dopo la riforma agraria del 1950 e, soprattutto, per la galoppante crisi della pastorizia, questa antica razza ha rischiato l’estinzione, scongiurata grazie al lavoro di pochi pastori che hanno voluto mantenere la razza in purezza.
Le origini del Mastino Siciliano vanno ricercate nella fusione tra i cani autoctoni dei Sicani e dei Siculi con quelli portati dai pastori greci durante la colonizzazione ellenistica dell’isola (VIII-V sec. a.C.). I cani molossi presenti in Sicilia hanno avuto un ruolo determinante nella caratterizzazione del tipo di cane da pastore pesante, dalla testa massiccia e dall’ossatura fortissima, che si qualificava anche per una altezza al garrese molto vantaggiosa, aspetto quest’ultimo che ultimamente è andato un po’ perso di vista a causa anche della eccessiva consanguineità operata per decenni.
Delle testimonianze che con certezza raffigurano o trattano del Mastino Siciliano, la più antica è senz’altro l’olio su tela di Francesco Lojacono intitolato “La benedizione del bestiame a Mondello”, datato con certezza nel 1875 e custodito oggi al MuséeCondé di Chantilly.La tela raffigura chiaramente un cane interamente nero, a pelo lungo, che bonifica il territorio da ogni possibile pericolo in testa al gregge.
È del 1931 la pellicola dell’Istituto Luce intitolata “Scene Siciliane. Pastorale, canterini etnei” dove, al seguito di pastori nella provincia di Catania, viene inquadrata più volte una femmina di Mastino Siciliano in lattazione, anch’essa nera dal pelo lungo.
Altra interessante testimonianza di come era il Mastino Siciliano negli anni Cinquanta la dà nel 1954 il biologo Giovanni Bonatti in un articolo apparso sulla rivista “Cani di tutte le razze”, diretta da Piero Scanziani.
“68 cm al garrese; nero con la gola di frequente bianca; il pelo è lungo e abbondante e generalmente ondulato oppure in riccioli larghi; forte ma non eccessivamente duro; è ben costruito, intelligentissimo, ubbidiente, poco esigente, facile ad apprendere, equilibrato, dignitoso, guardiano impareggiabile, all’occasione aggressivo. Ha buona muscolatura e buona facilità di movimento, la testa è forte e armoniosa; le orecchie sono piccole, pendenti e inserite basse. È diverso da qualsiasi altra razza conosciuta”.
Sempre il Bonatti, lanciando l’allarme per le razze italiane da salvare, aggiunge: “In Italia esistono varie razze di cani da pastore e precisamente: … il cane pecoraio siciliano di tipo costituzionale mesomorfo, dal manto nero corvino, con espressione degli occhi selvaggia, un po’ timida”.
Il giudice Mario Perricone, palermitano, in uno degli otto volumi della “Grande enciclopedia del cane”, edita nel 1987 da De Agostini, dedica una pagina al Mastino Siciliano e scrive: “Il cane pecoraio siciliano, che nell’isola viene chiamato cani pecurariscu o cani di mannara, sarebbe insieme al Cirneco il più antico di tutti i cani italiani che pur vantano, ciascuno, una storia millenaria.
Se si è mantenuto integro fino ai giorni nostri, e certamente lo è stato fino agli anni ’50, sia pur ridotto a pochi esemplari, il suo recupero e riconoscimento come razza sarebbe un’operazione culturale di grande fascino.
Sembra che alcuni appassionati cinofili siciliani abbiano già individuato diversi esemplari che ancora vivono e lavorano con il gregge e la mandria. Secondo quanto loro stessi riferiscono, sono i pastori che continuano ad allevarli con criteri rigorosissimi e tenendo ben presente un ideale di razza che solamente loro conoscono”.
L’illustrazione di tale articolo, realizzata dalla dott.ssa Barbara Gallicchio in base alla descrizione del Bonatti, rappresentava un cane interamente nero con caratteristiche morfologiche identiche alle precedenti testimonianze fin qui esposte.
Purtroppo, a differenza che in altre regioni, soprattutto dalla fine del secondo conflitto mondiale, i pastori transumanti siciliani non sono stati fedeli al loro antico ausiliario a quattro zampe, sostituendolo spesso con il Pastore Abruzzese e, più recentemente, anche con il Pastore del Caucaso e altre razze dell’Est Europa.
Addirittura oggi, che la pastorizia ha dimensioni ridottissime ed è a conduzione stanziale, che il predatore principe (il lupo) si è estinto e che le campagne sono state tutte urbanizzate, i pastori hanno iniziato a inserire anche i Border Collie e i Pastori Australiani dai quali si fanno coadiuvare nel tenere radunate le greggi, soprattutto durante la mungitura.
Reperire quindi in ambiente pastorizio soggetti che rispondano al tipo antico del Mastino Siciliano al giorno d’oggi è diventato davvero difficile, pertanto assume grandissimo rilievo l’opera di appassionati cinofili siciliani che, alcuni decenni fa, prelevarono dagli ultimi vecchi ovili alcuni cuccioli, custodendoli e allevandoli con passione e dedizione, e offrendo ora un patrimonio genetico su cui impostare la selezione.
Qual è lo stato attuale della razza?
Oggi, grazie anche alla diffusione di internet e dei social network, molti cinofili, anche non siciliani, hanno avuto modo di venire a conoscenza della razza e ad apprezzarne gli aspetti morfologico e caratteriale che le ha permesso di sopravvivere alle mille avversità dell’economia pastorizia siciliana.
Nel 1992, l’ENCI organizzò una tavola rotonda a Palermo per fare valutare il materiale allora esistente. In quell’occasione, davanti a poco più di una ventina di soggetti (purtroppo poco omogenei tra loro e non proprio rispondenti al tipo ideale), i tre giudici delegati (Perricone, Bernini e Perosino) lanciarono un grido d’allarme sulla razza, solleticando quell’amore dei cinofili siciliani verso un patrimonio della propria terra.
Da allora, grazie anche al contributo di quattro club di razza (Club del Pastore Siciliano, Club del Cane di Mannara, Samannara e Club del Pastore Siciliano, in ordine cronologico di costituzione), è stata data una impostazione più “tecnica” al progetto di recupero tant’è che il Consiglio Direttivo dell’ENCI, nella riunione del 2 ottobre 2014, preso atto del parere favorevole della sua Commissione Tecnica Centrale, ha deliberato l’attivazione del Registro Supplementare Aperto (R.S.A.) per la razza.
Questo è il primo passo che potrà portare al riconoscimento ufficiale (apertura del Registro Supplementare Riconosciuti R.S.R.) del Mastino Siciliano come razza, a patto che la selezione si orienti, col materiale a disposizione, verso la convergenza sul giusto antico tipo, pur mantenendo l’attuale variabilità genetica che è vitale per qualsiasi popolazione canina.
Nell’immediato futuro si dovrà porre somma attenzione all’eventualemeticciamento con altre razze, cosa che, al giorno d’oggi, con le conoscenze di cui disponiamo in ambito della biologia molecolare, è verificabile.
A tal riguardo, merita attenzione lo studio fatto sul DNA mitocondriale di alcuni Mastini Siciliani da parte del dott. Calogero Zagarrigo, che ci pregiamo di avere nella Commissione Scientifica del Club del Pastore Siciliano. I risultati di tale ricerca si sono rivelati così interessanti che saranno spunto e oggetto di una pubblicazione scientifica internazionale del prof. Andrea Mazzatenta, dell’Università di Teramo, che sarà poi pubblicata anche sul sito www.pastoresiciliano.it.
A chi si addice un cucciolo di Mastino Siciliano?
Il Mastino Siciliano va sempre visto nella contestualizzazione del duro ambiente pastorizio siciliano.
Il pastore ha sempre avuto bisogno di un cane forte, sia fisicamente che caratterialmente, dalla tempra granitica, tutte caratteristiche che consentono di scoraggiare qualsiasi intruso.
Un cane, quindi, dal carattere deciso e fermo che abbisogna di un proprietario di polso, in grado di imporsi sul cane sin da quando esso è un cucciolo.
Il batuffolo di 2 mesi non deve trarre in inganno né intenerire, perché presto quel batuffolo supererà i 40 chili e maturerà una consapevolezza della propria forza. Inoltre, chi ha intenzione di adottare un Mastino Siciliano deve essere così coscienzioso da mettergli a disposizione un adeguato spazio aperto in cui l’animale possa scorrazzare e giocare liberamente.
La costrizione alla catena o dentro un box rende il Mastino Siciliano un cane infelice, incapace di svilupparsi sia fisicamente che psichicamente. L’ideale sarebbe disporre di un’azienda agricola dove il Mastino Siciliano darà le maggiori soddisfazioni di cane da lavoro, di equilibrato guardiano e di affidabile difensore degli animali domestici.
Ci parli del Club del Pastore Siciliano, e delle attività che svolge.
In effetti, il Club del Pastore Siciliano è stato costituito per la salvaguardia e il recupero non soltanto del Mastino Siciliano, ma anche di altre tre razze autoctone siciliane quali il Branchiero, lo Spino degli Iblei e il Vuccirisco.
Nel club sono stati coinvolti moltissimi cinofili agonistici isolani (giudici dell’ENCI, presidenti e consiglieri di gruppi cinofili e di società specializzate, soci allevatori ENCI) nonché pastori e gestori di aziende agricole in modo da potere trattare la razza a 360°, nella convinzione che il mantenimento della bellezza funzionale non possa prescindere dalle caratteristiche psichiche.
Se per i cani che vanno a vivere presso aziende agricole o pastorizie il rendimento lavorativo è di facile constatazione sul campo, per tutti quei soggetti che invece vengono adottati in un giardino la valutazione delle attitudini naturali di cane guardiano intransigente diventa complicato, rischiando che ciò possa portare, in poche generazioni, alla perdita di quelle qualità comportamentali che farebbero perdere identità al Mastino Siciliano.
In tale ottica, con la consulenza del responsabile nazionale della sezione lavoro della S.A.S., il Club del Pastore Siciliano ha predispostouna prova caratteriale atta a testare tutti i soggetti da adibire alla riproduzione e si sta prodigando perché il test venga recepito dall’ENCI divenendo obbligatorio per tutti quei soggetti che aspirino a essere iscritti nel Registro Aperto.
Chi dobbiamo ringraziare se oggi abbiamo ancora la possibilità di ammirare questo splendido cane?
Oggi, che l’economia di un’azienda ovi-caprina non consente più di avere quei numeri che giustificavano i cani, il futuro della razza è nelle mani di noi cinofili agonistici che dobbiamo avere la sensibilità di apprezzare e raccogliere il patrimonio vivente regalatoci dai pastori e dai massari siciliani i quali, finché hanno potuto, sono stati gli unici a tramandarsi, di generazione in generazione, la razza utilizzata.
A gestire e organizzare tale patrimonio si sono mobilitati volentieri cinofili di grande calibro, che sento qui di ringraziare pubblicamente: il dott. Luigi Nerilli (giudice all-rounder ENCI di fama internazionale, da sempre appassionato pastorista), l’avv. Antonio Grasso (apprezzato segretario del Circolo del Pastore Maremmano-Abruzzese), Agatino Corvaia (responsabile nazionale della sezione lavoro della SAS e provetto giudice di prove di lavoro), il dott. Antonio Crepaldi (giudice ENCI, profondo studioso del cane e editore di una prestigiosa collana di libri cinotecnici), Giovanni Tumminelli (studioso di cani siciliani e tra i fautori di spicco del progetto di recupero del Cane Corso), il dott. Alfredo Garbati (componente del comitato tecnico del CPMA), il Gruppo Cinofilo Ragusano che ci ha offerto la condivisione della sua sede.
Un ringraziamento particolare voglio rivolgerlo però a Carmelo Curvà, pastore da generazioni, che ha accettato di far parte del Comitato Tecnico del Club, dando preziose notizie e delucidazioni sui cani e sul loro lavoro nell’ambiente pastorizio.
Per seguire l’attività del Club del Pastore Siciliano o per avere ulteriori informazioni sul Mastino Siciliano e le altre razze siciliane è stato messo online il sito web www.pastoresiciliano.it.
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