I cani sono in grado di riconoscere le diverse razze?
In quest’articolo risponderemo ad un quesito: i cani sono in grado di riconoscere le diverse razze?
Nonostante le ovvie differenze che passano, ad esempio, fra un Alano ed un Chihuahua, le diverse razze canine appartengono tutte ad una stessa specie: quella del Canis lupus familiaris.
Le diverse razze canine
Quella del Canis lupus familiaris è la specie che ha subito più di tutte le altre importanti variazioni morfologiche, sia per mezzo dell’allevamento selettivo operato dagli umani che per mezzo della selezione naturale, al punto da rendere irriconoscibile la discendenza da un antenato comune come il lupo (anche se fra gli antenati di alcune razze canine ci sono lo sciacallo dorato ed il dhole, un cane selvatico originario del sud-est asiatico).
Ma i cani sono capaci di guardare oltre le differenze superficiali come la taglia, il colore ed il tipo di mantello e la forma della testa, riconoscendo nell’esemplare di una razza diversa un altro cane?
L’esperimento francese sulla percezione della differenza razziale
Nei mesi a cavallo fra il 2012 e il 2013 un gruppo di ricercatori guidati da scienziati della Scuola Veterinaria di Lione, in Francia, condusse un esperimento per cercare di chiarire quest’enigma: i sorprendenti risultati del loro esperimento furono pubblicati nell’ultima settimana di Febbraio del 2013 sulla rivista scientifica Animal Cognition.
Il metodo
I ricercatori scelsero come soggetti dell’esperimento 9 cani.
Questi furono introdotti in una stanza contenente due grossi monitor; i cani erano allineati, fianco a fianco, divisi da sottili pareti, in modo che ognuno potesse vedere i monitor ma non gli altri cani e le loro reazioni.
Durante ogni prova, su un monitor veniva proiettata l’immagine di un cane, sull’altro quella di un’altra specie animale, come il gatto, il pappagallo, l’uomo, la mucca e una serie di rettili.
L’addestramento precedente all’esperimento
Ai 9 animali era stato precedentemente insegnato il comando “image”, in seguito al quale avrebbero dovuto scegliere, appoggiando la zampa su un tavolo di fronte a ciascun monitor, una delle due immagini che sarebbero apparse.
Quando i cani sceglievano la figura di un loro simile veniva loro data una ricompensa, un croccantino.
In questo modo si rafforzò nei 9 cani l’idea che avrebbero dovuto scegliere, nell’esperimento vero e proprio, solo le immagini di coloro che ritenevano essere dei cani.
Le immagini mostrate
Nel corso del test furono mostrate ad ogni cane più di 144 paia di immagini diverse, scelte a caso da un repertorio di 3000 immagini diverse di cani e da un altro contenente 3000 immagini di 40 fra altre specie non canine.
All’interno del primo gruppo erano presenti figure di cani di diverse razze e di incroci, ma non è tutto: i cani erano raffigurati in diverse posizioni, laterali, frontali o ritratti di tre quarti.
I risultati dell’esperimento
Ognuno dei 9 cani si è dimostrato capace di riconoscere i loro simili nelle immagini presentate, raggruppandoli tutti nell’insieme “cane”.
L’ideatore dell’esperimento e leader del team di ricerca, il dottor Dominique Autier-Dérian si è mostrato entusiasta del risultato:
“Il fatto che i cani che hanno partecipato all’esperimento siano stati capaci di riconoscere visivamente i propri simili, nonostante la loro capacità olfattiva discriminatoria sia di gran lunga superiore al loro senso della vista, ci assicura che la socializzazione e l’accoppiamento fra specie diverse è sempre potenzialmente possibile”, afferma:
“Sebbene gli uomini nel corso dei secoli abbiano apportato al Canis lupus familiaris variazioni morfologiche importanti, in alcuni casi al limite della variabilità, l’identità biologica del cane come specie è rimasta invariata: la grande variabilità fenotipica non priva il cane di riconoscere un suo simile, non importa quanto sia diverso da lui”, conclude Autier-Déran.
Le critiche all’esperimento
Alcuni esperti, pur riconoscendo il valore del test, hanno espresso delle caute riserve nei confronti del risultato, come testimoniato dal blog Scientific American.
È stato sottolineato, infatti, che il team di ricerca francese non ha utilizzato, fra le 3000 immagini di esemplari di specie non canine, quelle di lupi, sciacalli, coyote e volpi.
Se fossero state incluse, sarebbe stato interessante capire se i cani riuscissero ancora o meno a distinguere fra cani veri e propri e i loro antenati più prossimi, nel caso dei lupi (dei quali alcune razze sono considerate addirittura sottospecie), o antenati leggermente più distanti nell’albero genealogico, come volpi, sciacalli e coyote.
Cosa potrebbe accadere se il risultato fosse diverso?
Intanto, il test ci ha dimostrato che i cani possiedono una “visione d’insieme” piuttosto ampia riguardo alla propria specie.
Se le differenze fisiche per un cane fossero più importanti al fine di riconoscere un proprio simile, significherebbe che, in natura, un cane non sarebbe capace di riconoscere un cane di un’altra razza profondamente diversa dalla sua.
Ciò renderebbe improbabile che le due razze possano incrociarsi.
Generazione dopo generazione, si arriverebbe all’isolamento riproduttivo e alla possibile formazione di nuove sottospecie o addirittura nuove specie di canidi del tutto diverse dai cani.
Conclusioni
Sembra che per ora quella del cane sia destinata a rimanere una singola specie, seppur differenziata in tante razze.
Forse le prossime ricerche scientifiche ci dimostreranno quali indizi usa il cane per distinguere un Rottweiler da un coniglio o un Pit Bull da un essere umano.
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